Atto primo, scena prima: 14 Luglio 1999. Una spedizione italiana guidata dal fisico Giuseppe Longo si reca in una zona remota della Siberia centrale, la Tunguska, per una spedizione scientifica molto complessa. Devono "carotare" un piccolo lago ad otto chilometri da dove, quasi cento anni fa, un corpo cosmico è esploso con la potenza di mille atomiche come quelle di Hiroshima, alla ricerca di tracce concrete dell'oggetto esploso, non ancora identificato, nei sedimenti che si sono depositati sul fondo lacustre nel 1908. Il carotaggio consiste nel prelevare, con una trivella, una porzione del fondo.
Atto primo, scena seconda: Arrivano a Mosca e fanno l'esperienza della dogana russa:i doganieri rovesciano l'acido delle batterie degli alimentatori, rompono delle medicine, sequestrano il GPS e, insospettiti oltre ogni dire, anche due pericolosissimi walkie talkie...
Atto primo, scena terza: i ricercatori, giunti sul lago Cheko, non senza difficoltà e problemi di ogni tipo, riescono a confezionare una trentina di carote. Le carote vengono messe in tubi di alluminio sigillati. E guai ad aprirli. Senza gli strumenti adatti, tirar fuori i preziosi sedimenti equivale a trovarsi in mano un bel mucchio di fango siberiano. Strato dopo strato, il fango prelevato nel suo bell'ordine di estrazione conserva la memoria chimica di ciò che è avvenuto nella regione circostante.
Atto secondo, scena prima: La spedizione italiana è pronta a rientrare in Italia. Ora tocca ai laboratori analizzare il materiale. Bisogna solo affrontare di nuovo la burocrazia della dogana. Il professor Longo è un po' preoccupato. Per portarsi a casa i campioni sedimentari raccolti avrebbe avuto bisogno di un permesso e non ce l'ha. Quella trentina di tubi metallici non sono invisibili... Ma Longo è forte della sua complessiva innocenza. Farà come ne " La lettera nascosta": metterà i tubi in carlinga senza neanche provare a mascherarli da bagaglio personale.
Atto secondo, scena seconda: Quattro fusi orari separano la Siberia dalla capitale russa. Longo conta sul fatto che saranno a Mosca poco prima della chiusura dell'aeroporto, a mezzanotte. Questo renderà più "agili" i controlli doganali? L'aeroporto è quello militare a 40 chilometri da Mosca, perché viaggiano su un aereo dell'aviazione russa, anche se si tratta di un velivolo la cui "gestione" (ma non la guida) è affidata ad un istituto di ricerca il Gosniias, che era, ai tempi del comunismo, delle forze armate.
Atto secondo, scena terza: Vane le speranze del fisico italiano. L'equipe atterra alle 11,30 e gli vien subito comunicato che di ripartire, per quella notte, non se ne parla proprio. Tutti a nanna in un dormitorio dell'aeroporto che la mattina dopo, freschi e riposati, i doganieri penseranno a controllare il carico. Il mattino dopo fila tutto liscio. I doganieri rovistano a fondo i grandi zaini dei bagagli personali e sembrano dare solo un'occhiata distratta alla carlinga. Ok. Stanno per ripartire. C'è un fitto scambio di fogli, un gran mettere timbri qua e là e l'equipaggio inizia ad imbarcarsi. Il doganiere capo saluta Longo, ultime formalità, la scaletta quasi è rientrata...
Atto terzo, scena prima: ...un giovane ufficiale della dogana si avvicina al capo. Lui nella carlinga ha solo buttato unocchiata, ma ha visto una cassa di sassi. Non gli sembra che sull'elenco bollato e controbollato ci siano anche dei sassi. Alt. Fermi tutti. Sassi? Perché gli italiani non hanno denunciato che portavano via dei sassi? Ah si, dice Longo prontamente, li avevo dimenticati. Ma non ha importanza, prendeteli pure. Eh no. Queste dimenticanze sono sospette. Il capodoganiere vuole vederci chiaro. Qui, ora, si tratta di stabilire se il signor Longo stava tentando di esportare illegalmente dei sassi. Longo comincia a friggere e telefonare al consolato italiano, ai suoi amici russi, a chiunque possa aiutarlo ad uscire da quella assurda situazione. Cede i sassi, ma intanto la carlinga viene messa sottosopra. Naturalmente vengono fuori le carote.
Atto terzo scena seconda: Non solo il fisico italiano stava cercando di esportare illegalmente dei sassi, ma anche del ricco fango russo. Ammesso - dice il capodoganiere - che dentro quei contenitori metallici ci sia fango. Chi me lo assicura? E minaccia di aprirli. Se lo fa, la spedizione è un fallimento completo. Quindici giorni nella taigà buttati. Longo fa la voce dura: se i doganieri apriranno quei contenitori lui li denuncerà. E mentre i doganieri cercano gli appigli per arrestarlo, lui cerca di spaventarli con le minacce. Ci riesce (con l'appoggio dell'ambasciata italiana) e per ora le carote sono salve. Ma di partire insieme a loro per l'Italia non se ne parla neanche. Dalle nove di mattina, ora in cui tutto è iniziato, si sta facendo sera. La soluzione alla fine viene trovata. Le carote saranno date in custodia al Gosniias, per ora. E l'equipe potrà partire al completo. L'equipaggio si imbarca. Dall'Italia, dovrà manovrare perché raggiungano la destinazione dei laboratori.
Atto terzo, scena terza: L'aereo ha acceso i motori. Longo è meno disperato di quanto non dovrebbe essere. Perché? Perché sta trafugando sette carote di cui i doganieri non si sono accorti, i contenitori somigliano a quelli delle canne da pesca. Ora l'aereo si alzerà e ... nossignori. Il capodoganiere arriva trafelato. Dio, pensa il fisico. Siamo perduti. Invece è solo l'amore per i timbri tondi del popolo russo: l'ufficiale vuole un documento con cui sia chiaro l'affidamento del materiale scientifico al Gosniias. Longo tira fuori un foglio intestato all'Università di Bologna, lo fa firmare al suo collega dell'Università di Trieste e ci stampa sopra il timbro dell'Associazione Tunguska 99. Date le circostanze, sta per scoppiare a ridere in faccia al doganiere. Partenza, poco prima della mezzanotte. È il 30 luglio. Riusciranno le altre 22 carote ad arrivare in Italia?
EPILOGO: Si, ce l'hanno fatta. La scienza ha vinto. Lunedì scorso, il sei dicembre, le carote arrivano a Bologna. Riaverle indietro è stata un'altra commedia, in almeno sei o sette atti. Ma la dogana italiana è stata solerte e si è comportata benissimo.