Paolo Farinella, amico e collaboratore dal primo numero di questa rivista, si è spento il 25 marzo al termine di uno straziante percorso divenuto via via senza speranza.
Paolo era un brillante ricercatore, iniziatore di una scuola che ha proiettato ad altissimi livelli la planetologia italiana, particolarmente nel campo dello studio dell'evoluzione dinamica dei piccoli corpi del Sistema Solare.
L'ho conosciuto giovanissimo, fresco di laurea alla Normale di Pisa, conseguita a pieni voti, e mi colpì la ferma consapevolezza che quel ragazzo aveva delle proprie capacità. Capita sovente che in un giovane questo sentimento travalichi nell'immodestia, ma Paolo era troppo intelligente per correre questo rischio. Era deciso, risoluto nelle sue convinzioni, sempre sostenute da una salda preparazione, e questo contrastava con l'esteriore fragilità di quel suo fisico gracile, che non sapevo minato da una malformazione cardiaca. Paolo non me ne aveva mai fatto cenno.
Una crisi intervenuta l'estate scorsa lo costrinse a sospendere l'attività e a lasciare Trieste, dove insegnava, per trasferirsi a Bergamo in attesa di un trapianto che purtroppo è giunto tardivo, dopo una seconda crisi rivelatasi fatale.
Ultimamente, al telefono la sua voce si era fatta fievole, ma lo spirito era quello di sempre, intellettualmente vivace, politicamente appassionato, con il rimpianto di aver dovuto accantonare i suoi studi e con una gran voglia di tornare alla divulgazione, in cui era campione. Era invidiabile l'efficacia della sua scrittura e la naturale facilità con cui sapeva tradurre le tematiche più complesse in un linguaggio accessibile al pubblico. Credo che si compiacesse di misurarsi con le questioni più ostiche per domarle e renderle abbordabili ai non addetti, come se fosse una sfida lanciata a se stesso. Quando gli chiedevo di sviluppare qualche concetto particolarmente tecnico presente nei suoi articoli, potevo star certo che la posta elettronica mi avrebbe recapitato la soluzione nel volgere di pochi minuti: non due righe soltanto, ma il rifacimento di un intero paragrafo. Si divertiva a sbalordirmi. Anche quando mi proponeva articoli dai titoli improbabili, come "Asteroidi ubriachi", "Dirottato da un raggio di Sole", "Paperino e gli asteroidi".
Con Paolo questa rivista perde oltre che un valente e assiduo collaboratore anche un lettore attento, stimolante, critico. Se pubblicavamo qualcosa che non lo convinceva o se qualche affermazione andava puntualizzata o corretta, giungeva puntuale la sua lettera. Mi chiedevo dove trovasse il tempo per leggere tutto e come riuscisse a vincere quella pigrizia un poco opportunistica che il più delle volte ci trattiene dal sollevare la penna e avviare una polemica per un'asserzione discutibile o sbagliata che ci capita di leggere. Ma per Paolo, per la sua sensibilità civile e di scienziato, questo era anzitutto un dovere.
Ho scoperto casualmente, rovistando in Internet, un messaggio che Paolo inviò un anno e mezzo fa a Golem, raffinato appuntamento giornaliero di RadioUno, perché la sua critica lucida e calzante non risparmiava neppure le trasmissioni radiofoniche. Sono poche righe che tuttavia condensano lo stile e la qualità dell'uomo: le proponiamo testimoniandogli ancora una volta tutta la nostra stima e il nostro affetto. (C.L.)
"Caro Nicoletti, mi capita abbastanza spesso di ascoltare Golem e
quasi altrettanto spesso di condividere le sue valutazioni ironiche e critiche sulla
TV e il sistema dei media. Ma questa mattina mi è parso che, forse per amore
del paradosso, lei abbia dato credito alle ipotesi di chi sostiene che le missioni
lunari Apollo non sarebbero mai avvenute davvero e sarebbero state costruite in uno
studio televisivo, come nel film Capricorn One. Sono ipotesi suggestive, ma
le assicuro che appartengono alla stessa categoria delle fantasie (secondo me,
paranoiche) sui cloni degli astronauti, sugli UFO di Roswell, sui volti umani
scolpiti nelle montagne marziane, sull'origine extraterrestre delle piramidi
egiziane e così via. Fantasie che possono affascinare chi non conosce questi
argomenti in dettaglio, ma che non reggono a un'analisi seria e ravvicinata. A me
sembra che dar credito ad esse (così come alle madonne piangenti, ai numeri
ritardatari, alle cure Di Bella ecc.) sia uno degli aspetti più preoccupanti
e nocivi dei media di oggi, e in particolare della televisione in Italia.
Cordialmente, Paolo Farinella".