LA SPEDIZIONE AL LUOGO DELLA
CATASTROFE DI TUNGUSKA DEL 1908.

(20 luglio 1991 - 1 agosto 1991)

 

di
Menotti Galli, Giuseppe Longo, Romano Serra e Stefano Cecchini

(Pubblicato su: Il Nuovo Saggiatore, 9, n. 5-6, p. 85-94; 1993)


 

1. La "Catastrofe di Tunguska"

Testimoni oculari riferiscono [1, 2] che all'alba del 30 Giugno 1908, circa alle ore 7 locali, una "palla di fuoco brillante come il Sole", fu vista solcare il cielo della Siberia Centrale in direzione Sud-Est/Nord-Ovest. Fu poi udita una esplosione, mentre una densa nube di fumo si sollevava in una regione compresa tra i fiumi Nizhnjaja Tunguska (Tunguska Inferiore) e Podkamennaja Tunguska (Tunguska Petrosa) affluenti dello Jenissej. La palla di fuoco fu vista entro un raggio di 1500 km, un boato con tremore del suolo fu avvertito ad oltre 1000 km di distanza, un'onda sismica fu registrata attraverso l'Eurasia, e un insolito bagliore notturno fu visto nei giorni successivi e per circa due mesi dall'Europa alla Siberia, alla California.
Il fatto, riportato dai giornali della regione, sul momento ricevette scarsa attenzione. Una prima spedizione scientifica, organizzata dall'Accademia delle Scienze dell'URSS e capeggiata da L. A. Kulik, venne inviata nella regione nel 1927 e ripetuta negli anni 1928 e 1929-30. Nel 1938-39, sempre sotto la direzione di Kulik, venne effettuato un rilievo aereo della stessa regione. Nel 1958 la stessa Accademia delle Scienze mandò un'altra spedizione, con a capo K. P. Florenskij, alla ricerca di materiale meteorico polverizzato. Nonostante la minuziosità e l'accuratezza delle ricerche, non fu trovato materiale cosmico attribuibile a quell'evento. Nel 1961 l'Accademia patrocinò un'ulteriore spedizione durata quattro mesi, di 80 persone comprendente 20 specialisti di varie discipline. Anche in quell'occasione nulla fu trovato: alcune segnalazioni di materiale rinvenuto si dimostrarono poi erronee. In anni recenti e sino ad oggi, numerose spedizioni scientifiche, di cui due con partecipazione internazionale, sono state dirette dall'accademico N. V. Vasiljev, Vice-presidente della Commissione Meteoriti e Polvere Cosmica della Sezione Siberiana dell'Accademia delle Scienze dell'URSS, e organizzate dall'astronomo G. V. Andreev, Presidente della Sezione di Tomsk della Società Astronomo-geodetica.

 

2. Effetti e caratteristiche dell'esplosione

A tutt'oggi, l'unico effetto della Catastrofe di Tunguska, conosciuto con grande dovizia di particolari sicuri è la distruzione della foresta (taiga). Entro un'area di circa 2200 km2 (per un'estensione di 50-60 km) gli alberi della foresta furono parzialmente o totalmente abbattuti (vedi Figura 1).
All'interno di quest'area furono istantaneamente incendiati oltre 1000 km2 di taiga (per un'estensione di 35-40 km). All'epoca di Kulik (Figure 2a, 3a) gli alberi apparivano o totalmente abbattuti, con l'apparato radicale completamente emergente ("ragnatele"), o spezzati a grande altezza, totalmente diramati, scortecciati e parzialmente carbonizzati ("pali telegrafici"). Le tracce della catastrofe rimangono chiaramente visibili anche oggi (Figure 2b, 3 b).

Figura 1 - Regione della Catastrofe di Tunguska

Figura 1 - Regione della Catastrofe di Tunguska e direzione del CCT secondo le risultanze più recenti.  In grigio è indicata l'area corrispondente a Figura 7.
Nell'inserto: M = Mosca,  T = Tomsk,  K = Krasnojarsk,  V = Vanavara

 

Figura 2

a.
La foresta come appariva ai tempi di Kulik (1928): a 8 km dall'epicentro, gli alberi abbattuti giacciono paralleli indicando la direzione di provenienza dell'onda d'urto.

b.
Alberi abbattuti dall'esplosione del 1908 fotografati dagli autori nel 1991 (Monte Pallas, 3 km a S-SE dell'epicentro).

 

Figura 3

a.
I cosiddetti "pali telegrafici", alberi diramati, scortecciati e parzialmente carbonizzati, ripresi nel 1928 dalla spedizione Kulik, sullo sfondo della Palude Meridionale.

b.
Al centro: un "palo telegrafico" nella taiga del 1991.

 

Sino al 1990, nessun cratere nè traccia di materiale di sicura origine cosmica è stato mai trovato entro un'area di 15.000 km2.
Il confronto tra testimonianze oculari, dati rilevati dai sismografi ed effetti distruttivi sulla foresta, ha permesso di concludere che la "Catastrofe di Tunguska" è stata causata da un corpo di provenienza cosmica esploso il 30 giugno 1908 alle ore 0h 14m 28s, ora di Greenwich [6], disintegrandosi completamente nell'atmosfera ad un'altezza di circa 5-10 km sopra il punto della superficie terrestre di latitudine 60o 53' 09" Nord e longitudine 101o 53' 40" Est ("epicentro"). I parametri della traiettoria discendente del corpo cosmico corrispondono ad un azimut di 110o-115o (calcolato da Nord verso Est) e uno zenit compreso tra 75o e 85o. La direzione degli alberi abbattuti oltre l'epicentro indicherebbe poi una successiva traiettoria ascendente dovuta probabilmente al rimbalzo sull'atmosfera di parte del materiale del corpo cosmico. L'energia emessa nel corso dell'esplosione è stimata dell'ordine di 1024 erg (10-50 Megaton), equivalente cioè a parecchie migliaia di bombe di Hiroshima [6-8]. Per confronto si può rammentare che il cratere dell'Arizona (diametro 1200 m, profondità 250 m) è stato provocato da un meteorite di energia inferiore.

 

3. Ipotesi formulate

Numerose ipotesi sono state formulate per spiegare l'esplosione di Tunguska. Tra queste, trovano maggior credito quelle dell'impatto con l'atmosfera di un asteroide [8] o del nucleo di una cometa [9]. Altri autori hanno ritenuto che l'esplosione possa essere stata causata da annichilazione di un blocco di antimateria [10] o da reazioni di fusione [11] dei nuclei leggeri di cui è costituita una cometa. Non mancano ipotesi più esotiche che coinvolgono l'arrivo di materiale fissile extraterrestre [12], di micro buchi neri [13] o di astronavi aliene [14]. A sostegno di ognuna di queste ipotesi vengono riferiti indizi che altri autori confutano con solidi argomenti. Per questo motivo, se per lungo tempo si è discusso del "meteorite di Tunguska", oggi si preferisce usare il termine di "Corpo Cosmico di Tunguska" (CCT).
A seconda delle ipotesi sulle sue origini, le valutazioni sulle dimensioni, massa e velocità di arrivo del CCT variano notevolmente. Per i modelli che considerano l'annichilazione di un blocco di antimateria [10] sarebbe sufficiente una massa compresa tra 300 grammi e 5 tonnellate, con un diametro da 4 a 100 cm, mentre nel caso dell'urto di una cometa [9] questa dovrebbe essere stata dotata di una velocità uguale a 30-60 km/s. Nel caso di un asteroide, e questa è l'ipotesi più recente e convincente [8,15,16], i dati sull'esplosione possono essere spiegati con una massa intorno al milione di tonnellate, un diametro di 50-100 m e una velocità dell'ordine di 15 km/s. Secondo questa ipotesi e sulla base dei dati sismici, microbarometrici, degli alberi abbattuti (circa 50 milioni) e dal confronto con gli effetti delle esplosioni nucleari di prova in quota, l'esplosione avrebbe liberato un'energia di 12,5 ± 2,5 Megaton [6]. Il CCT sarebbe entrato in atmosfera con un angolo di 45o. L'esplosione dell'asteroide, forse di tipo roccioso, sarebbe stata causata da una frammentazione di tipo catastrofico dovuta alla resistenza dell'aria: raggiunta la pressione del carico di rottura, la frammentazione, aumentando la quantità di aria intercettata, produce un aumento della decelerazione che a sua volta ne aumenta la temperatura fino a 25000-30000 K. L'incendio sarebbe derivato dalla radiazione termica del corpo disgregato [16] che avrebbe superato di due ordini di grandezza la brillanza del Sole. L'abbattimento degli alberi sarebbe dovuto all'onda esplosiva che avrebbe causato, al suolo, pressioni dell'ordine della tonnellata per m2 contrastando l'effetto incendiario della radiazione.

 

4. Precedenti della spedizione

A fine aprile 1990 M. Galli, che si era già interessato in passato di meteoriti e ultimamente della registrazione di fenomeni ambientali da parte degli alberi, ricevette l'invito da parte della Sezione Siberiana dell'Accademia delle Scienze dell'URSS di partecipare a una spedizione per la regione di Tunguska. L'invito fu accettato, la spedizione decisa, ma all'ultimo momento non fu possibile, per ragioni burocratiche, ottenere il visto per l'URSS. Il Prof. K. Korlevic' (Croatia), d'accordo con Galli, partecipò alla spedizione e inviò a Bologna una sezione trasversale di un albero di Picea obovata (abete rosso siberiano), dello spessore di circa 5 cm, sopravvissuto a poca distanza dall'epicentro dell'esplosione. Questa sezione mostrava nel suo spessore un nodo corrispondente a un rametto, rivestito da un sottile strato di resina, che nel 1908 era già secco da circa 50 anni. La resina, che doveva essere fuoriuscita ben fluida tra il rametto secco e il legno appena formato durante la stagione vegetativa, avrebbe potuto funzionare da trappola per particelle del CCT. Negli anni successivi, a causa della crescita del legno, la resina doveva essere poi rimasta, almeno in parte, incorporata nell'albero.
Una scheggina di legno aderente al rametto, con il suo strato di resina, fu perciò consegnata al Dr. G. Valdrè del Dipartimento di Fisica, esperto di microscopia elettronica, perché ne osservasse le eventuali particelle incorporate, mediante microscopio a scansione, con analizzatore chimico a raggi X.  L' esame della resina depositata in corrispondenza degli anelli del 1908 e 1910, eseguito al microscopio elettronico con molta perizia, accuratezza e interesse, dallo stesso Dr. G. Valdrè [17], ha prodotto risultati che, al momento, sono apparsi molto interessanti, seppur riferentisi ad anni precedenti all'evento di Tunguska (vedi Figure 4-5).

Figura 4

Figura 4

Aspetto della sezione di Picea obovata prelevata dal monte Vulfing nel 1990, con le cerchie di accrescimento.
N: rametto secco inglobato dal legno formatosi negli anni intorno al 1908 e successivi, e resina lungo il suo contorno;
R: resina depositata nell'incavo del nodo con possibilità di datazione del legno cresciuto;
T: trauma attribuibile al CCT
* : probabile data di emissione della resina.

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Figura 5 Figura 5

Modello dell'inglobamento delle particelle aeree dentro la resina compresa fra un rametto secco e il legno che annualmente si forma.  E' essenziale tenere conto dello spessore della scorza al momento della cattura delle particelle.
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Si è trovato infatti:
1) una particella cristallina di enstatite (silicato di magnesio) delle dimensioni di circa 25 µm, frequente in polvere di origine cometaria o meteorica;
2) particelle delle stesse dimensioni, spugnoso-flocculenti del tipo di quelle trovate da Brownlee [18] in polvere meteorica che normalmente cade su tutta la Terra;
3) particelle più piccole (circa 1 µm) di composizione ritenuta rara (PbBr e CoW) in ambiente terrestre.
A seguito delle notizie di questi risultati, i Prof. V. I. Vasiljev e G. V. Andreev invitarono nell'aprile 1991 M. Galli a partecipare a una nuova spedizione, da attuarsi nell'estate 1991. A fine maggio è stata decisa la composizione del gruppo ed è iniziata la preparazione alla spedizione composta dal Prof. Menotti Galli, esperto di raggi cosmici e studioso di dendrologia, dal Prof. Giuseppe Longo, fisico nucleare, dal dr. Stefano Cecchini, primo ricercatore del CNR, esperto di astrofisica e dal dr. Romano Serra, studioso di meteoriti. Il gruppo di Bologna cooptava poi nella sua attività l'astrofisico Vladimir Chesnokov, dell'Istituto Ioffe (Leningrado) dell'Accademia delle Scienze dell'URSS.

 

5. Scopo della spedizione

La raccolta di campioni di legno con resina da prelevare da alberi sopravvissuti alla Catastrofe, costituiva, per le ragioni già esposte, lo scopo principale della spedizione. Si trattava di individuare alberi resinosi di eta superiore ai 110 anni e di prelevarne porzioni includenti rametti essiccatisi prima del 1908. La traccia, nell'incavo dei rametti, delle cerchie legnose del 1908 e degli anni seguenti avrebbe poi permesso di datare le particelle catturate, di stabilire se si trattava veramente di particelle esotiche e di individuare un'eventuale correlazione tra la loro presenza e l'esplosione del CCT acquisendo così importanti dati sperimentali sul misterioso oggetto di Tunguska.
Verificate in loco le caratteristiche della resina emessa, si è deciso di concentrare la ricerca su esemplari di Picea obovata, pur avendo constatato che, tra gli alberi sopravvissuti alla Catastrofe, questi non erano numerosi. Il prelievo dei campioni poteva essere effettuato o sacrificando alberi sopravvissuti all'esplosione e tutt'ora viventi, o estraendo da essi, senza abbatterli, grosse carote contenenti rametti secchi (Figura 6).

Figura 6

a.
Carota estratta da un albero sopravvissuto all'esplosione del 1908; al suo interno: un rametto essicatosi prima del 1908.

b.
Sezione trasversale di Picea obovata (abete rosso siberiano) contenente un rametto con resina precedente e successiva al 1908.

Nella maggior parte dei casi si è preferito seguire il secondo metodo. Per i raffronti è stato necessario raccogliere campioni da una vasta area attorno all'epicentro dell'esplosione. Da parte di colleghi russi abbiamo ricevuto anche successivi campioni prelevati da Picea obovata della stessa età cresciuta in condizioni similari a un migliaio di kilometri dalla zona della Catastrofe.
L'osservazione delle particelle intrappolate dalla resina è stata effettuata con un microscopio elettronico a scansione e la loro composizione chimica è stata stabilita con uno spettrometro a raggi X presso l'Università di Bologna, ENEA e CNR. Successivamente la composizione isotopica delle particelle verrà studiata mediante spettrometria di massa con acceleratore presso laboratori stranieri (a questo fine si stanno definendo accordi con il laboratorio ISOTRACE dell'Università di Toronto). Il vantaggio del metodo seguito dal gruppo di Bologna consiste nel fatto che l'analisi chimica ed isotopica viene effettuata direttamente su singole particelle (di dimensioni dell'ordine del micron), mentre tutti i gruppi, che fino ad oggi hanno analizzato materiali, hanno sempre eseguito solo un'analisi globale del materiale del campione (cerchie legnose, strati di torba, ecc...), alla ricerca di quantità infinitesime di sostanze anomale (iridio, ferro, nichel, o altro).

 

6. Soggiorno in Tunguska

La sera del 21 luglio 1991 la spedizione italiana - assieme a un gruppo di colleghi sovietici diretti dall'accademico N. V. Vasiljev e dall'astronomo G. V. Andreev - è stata depositata con un elicottero nella taiga in prossimità della base (due baracche o "izbe" di legno) costruita nel 1927 dal gruppo di L. A. Kulik, primo esploratore della zona della Catastrofe. Le izbe di Kulik si trovano ai margini della palude Settentrionale, a 1700 m a N-NE dall'epicentro dell'esplosione (vedi Figura 7).

Figura 7

Figura 7
Itinerari  ( - - - - ) e luoghi ( O ) di prelievo dei campioni.
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)

La base di Kulik, distante circa 70 km in linea d'aria dal più vicino centro abitato (Vanavara) è raggiungibile solo con elicottero, è sprovvista di elettricità, gas, telefono e radio; la sola acqua disponibile è quella della palude.
Per poter prelevare campioni da alberi che crescono a diverse distanze e in varie direzioni rispetto all'epicentro dell'esplosione del Corpo Cosmico di Tunguska, la spedizione ha percorso complessivamente, tra il 22 e il 28 luglio, circa 70 kilometri a piedi attraverso la taiga, facendo ritorno per il pernottamento alle izbe di Kulik, escluse due notti trascorse in un'izba di una seconda base, vicino al fiume Kimchu (7,5 km a Nord dell'epicentro). Gli itinerari percorsi (circa 10 km al giorno) non erano fra i più agevoli: si seguivano stretti sentieri, spesso coperti da fitta vegetazione; nell'attraversare le paludi si affondava anche oltre il ginocchio; alcuni tratti dovevano essere percorsi in equilibrio su tronchi o guadando fiumi; l'uso di zanzariere era indispensabile sia di giorno che di notte. Il 29 luglio la spedizione è stata prelevata con un elicottero dalla base di Kulik e avviata per il ritorno verso Krasnojarsk, circa 1000 km in direzione Sud-Ovest (7 ore di volo effettivo con due tappe intermedie per il rifornimento di carburante).

 

7. Condizioni ambientali nella zona visitata

Nel complesso le tracce delle devastazioni provocate dal CCT sono apparse impressionanti più di quanto si potesse immaginare dalla lettura delle descrizioni. Tanti alberi pluricentenari spezzati vicino al suolo come fuscelli e poi incendiati. Alcuni di questi rovesciati con l'apparato radicale per aria recante tracce di combustione ("ragnatele"), altri distesi paralleli, ormai fatiscenti. Nella regione visitata nessuna betulla, ontano o tremolo è sopravvissuto alla Catastrofe del 1908. Gli alberi sopravvissuti (non più di 20 per ettaro) sono essenzialmente larici e rari pini o abeti.
La foresta ricresciuta sulla devastazione, si presenta ormai piuttosto fitta con copertura fogliare abbastanza rada. Il disgelo estivo raggiunge i 35 cm in terreno asciutto e oltre il metro di profondità nelle paludi; sotto si trova il gelo permanente (permafrost), indice di una temperatura media annuale inferiore allo zero. Profittando della breve estate e della lunga insolazione, cresce sul terreno sgelato, un'abbondante vegetazione di muschi, licheni, sfagno che morendo danno luogo a spessi depositi torbosi. La popolazione arborea è costituita essenzialmente da larici, betulle e pini (silvestri e cembri) e in minore misura da abeti, ontani e pioppi tremuli. Gli alberi in terreno paludoso hanno una crescita molto più lenta di quelli in terreno asciutto: alberi centenari possono avere un diametro di 5 o 6 cm, mentre in zone asciutte possono arrivare ai 40 cm.
Il sottobosco è popolato da ginepro, lonicera a bacche blu, mirtillo nero, blu e rosso, Rubus chamaemorus, Oxycoccus palustris, abbondanti tappeti di ericacee con foglie simili al rosmarino che allo sfregamento profumano l'aria (Ledum palustre). Tra i funghi, molto abbondanti le russule, i lattari, qualche grosso boleto, i polipori. Tra i mammiferi sono presenti alci e renne, qualche orso bruno, numerosi roditori e animali da pelliccia, tra cui lo zibellino. Prevalgono uccelli di grande dimensione tra cui il gallo cedrone e qualche rapace. Le vipere, abbondanti ai tempi delle spedizioni di Kulik, sono oggi praticamente scomparse. Sciami di insetti tra cui numerose zanzare (non malariche) ronzano permanentemente. I fiumi e i torrenti sono ricchi di pesce, tra cui carpe e lucci. Ai componenti la spedizione è stato assicurato che la zona è tra le più sane del globo, data l'assenza di inquinamento da attività umana e la scarsità di batteri o germi patogeni. L'asserzione sembra trovare conferma, sia dall'assenza di conseguenze per il regolare consumo dell'acqua di palude, colore birra, sia dal rapidissimo rimarginarsi di una ferita, subita da uno degli scriventi, senza la minima reazione da infezione.
Il terreno si presenta tutto coperto di vegetazione, salvo rarissime formazioni rocciose, messe in evidenza da erosione fluviale, e rocce ignee, connesse ad antica attività vulcanica, che affiorano sulla sommità di qualche colle. Nella zona, un altopiano che si eleva a circa 350 m slm con colli che superano raramente i 500 m, non vi è traccia di rocce sedimentarie.
Si è pensato che sia di grande interesse scientifico ed ambientale proteggere questa regione. Per questo è stato chiesto l'appoggio presso il Parlamento Europeo di Strasburgo della proposta dei colleghi russi di dichiarare la regione di Tunguska, riserva naturale sotto la protezione dell'UNESCO. L'accademico Vasiljev, a sua volta, ha sollecitato l'appoggio di questa richiesta da parte di organizzazioni scientifiche e ambientalistiche straniere tra cui il WWF e Greenpeace.

 

8. Primi risultati dell'analisi dei campioni

I risultati finora ottenuti dai materiali riportati dalla nostra spedizione sono mostrati in Tabella 1 e in Figura 8 e 9. In totale sono state finora esaminate 5854 particelle, ripartite come in Figura 8.

Figura 8

Figura 8

Numero totale di particelle osservate (5854) e di particelle con alto Z (518) per ognuna delle tre epoche: "prima", "durante" e "dopo" l'evento.

  Figura 9
Distribuzione temporale, in per mille, delle 518 particelle con alto Z.

I rettangoli indicano il numero di particelle osservate prima, durante e dopo l'evento; la maggiore quantità, indicata dal rettangolo tratteggiato centrale, è imputabile soprattutto a una superficie maggiore di resina osservata. Gli elementi citati in Tabella1 sono suddivisi in due gruppi, uno di basso e l'altro di alto Z. Nel primo gruppo sono stati inclusi gli elementi che si sono presentati con frequenza simile prima, durante e dopo l'evento, mentre al secondo gruppo sono stati assegnati gli elementi che sono apparsi decisamente più abbondanti durante l'evento. Intendiamo qui per "evento" il periodo di tempo, determinato mediante le cerchie legnose, che dovrebbe corrispondere all'anno 1908, ma che risulta invece indeterminato a causa dello spessore variabile della scorza nel 1908.
La revisione del metodo di datazione delle particelle ha permesso di passare dai risultati preliminari, che avevano suggerito l'utilità della spedizione, a quelli attuali, che contribuiscono alla conoscenza della composizione del CCT.
Dalla Figura 8 si capisce che gli elementi con alto Z hanno una frequenza decisamente maggiore durante l'evento; essi dovevano probabilmente derivare dal CCT dato che si trovano spesso in particelle di forma sferica e poichè le particelle trovate sulla resina delle radici ha una differente composizione, mentre quella di un albero alla distanza di 1000 km non mostra alcuna differenza prima, durante e dopo l'evento.
Questo appare meglio dalla Figura 9 dove le 518 particelle con alto Z su un totale di 5854 sono mostrate con la frequenza (numero di particelle per mille) secondo la quale sono state osservate anno per anno. Dalla figura appare che le particelle del picco, sono attribuibili al CCT e che la loro dispersione intorno al 1908, dipende dalla imprecisione della loro datazione a causa dello spessore della scorza; essa risulta di ±3 anni come uno potrebbe ragionevolmente aspettarsi.

Il metodo per scoprire le particelle ha dunque funzionato. I risultati hanno ripagato lo sforzo della spedizione: sono state trovate particelle la cui presenza può essere ricollegata all'evento di Tunguska. L'insieme dei risultati ottenuti é in corso di stampa in Planetary and Space Science [19, 20].
Altre cose interessanti sono apparse. Ci aspettiamo ancora molto da un esame più approfondito delle particelle trovate e da altre future osservazioni con altri materiali e metodi.

Tabella 1.
I 28 elementi presenti nelle particelle provenienti da resina degli alberi di Tunguska (più di 1 % in almeno 1 particella). L'apparecchiatura usata non permetteva di rivelare in maniera affidabile gli elementi con Z =< 10 o le quantità < 1 %.

Elementi con basso Z Na Mg Al Si P S Cl K Ca Fe
Elementi con alto Z Ti Cr Mn Co Ni Cu Zn Br Sr Ag
Cd Sn Sb Ba W Au Pb Bi

 

9. Note bibliografiche

[1] A. Chaikin, Sky and Telescope, 67, n.1, 18 (1984).
[2] P.M. Bagnall, J. Brit. Astron. Assoc, 98, n. 4, 184 (1988)
[3] N. V. Vasiljev e G. V. Andreev, Comunicazione privata (1991).
[4] M. N. Tsymbal, V. E. Shnitke, in Aktualnyje Voprosy Meteoritiki v Sibiri, p. 41, Novosibirsk (1988).
[5] E. L. Krinov, Giant Meteorites, Oxford (1966).
[6] A. Ben-Menahem, Phys. Earth Planet. Inter., 11, 1 (1975).
[7] I. P. Pasechnik, in Kosmicheskoye veshchestvo na zemle, p. 24, Nauka, Novosibirsk (1976).
[8] Z. Sekanina, Astron. J., 88, n. 9, 1382 (1983).
[9] L. Kresak, Bull. Astron. Inst, Czechosl., 29, n. 3, 129 (1978).
[10] C. Cowan, C. R. Atluri and W. F. Libby,Nature, 206, n. 4987, 861 (1965).
[11] S. J. D. D'Alessio and A. A. Harms, Planet. Space Sci., 37, n. 3, 329 (1989).
[12] J. N. Hunt, R. Palmer, and W. Penny, Phil. Trans. R. Soc., A252, 275 (1960).
[13] A. A. IV Jackson and M. P. Ryan, Nature, 245, 88 (1973).
[14] J. Baxter and J. Atkins, The Fire Came By, Macdonald and Jane's, London (1976).
[15] C.F. Chyba, P.J. Thomas and K.J. Zahnle, Nature, 361, 40 (1993).
[16] J.G. Hills and M.P. Goda, Astron. J., 105,1114 (1993).
[17] G. Valdrè and K. Korlevic', Ultramicroscopy, 49, 382 (1993).
[18] J. P. Bradley and D. E. Brownlee, Science, 251, 549 (1991).
[19] G. Longo, R. Serra, S. Cecchini and M. Galli, Planet. Space Sci., 42, n.2, 163 (1994).
[20] R. Serra, S. Cecchini, M. Galli and G. Longo, Planet. Space Sci., 42, n.9, 777 (1994).


 

GLI AUTORI

Menotti Galli (nato a Russi (RA) nel 1922) è professore ordinario di Fisica Generale all'Università di Bologna. La sua attività di ricerca, iniziata con lo studio dei raggi cosmici e dei meteoriti, è proseguita in direzione astrofisica, estendendosi alla fisica del Sole e dell'eliosfera, alle relazioni Terra-Sole, agli isotopi cosmogenici ed al radiocarbonio negli anelli degli alberi. E' stato membro della Commissione Raggi Cosmici della IUPAP.

Giuseppe Longo (nato a Parigi nel 1929) è professore associato di Fisica Generale all'Università di Bologna. La sua attività di ricerca si è rivolta prevalentemente allo studio delle reazioni di cattura radiativa di nucleoni di bassa energia da parte di nuclei, con particolare riguardo allo sviluppo del modello di cattura diretta-semidiretta ed alla sua estensione al caso di particelle polarizzate.

Romano Serra (nato a San Giovanni in Persiceto (BO) nel 1954), laureato in fisica ed in astronomia, è assistente tecnico al Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna. Ha scritto articoli divulgativi di astronomia in riviste internazionali e nazionali. Studioso di meteoriti, è responsabile dell'Osservatorio Astronomico di S. Giovanni in Persiceto e presidente del locale Gruppo Astrofili..

Stefano Cecchini (nato a Loreto (AN) nel1945) è primo ricercatore presso l'Istituto TESRE del CNR a Bologna. Svolge ricerche nel campo della fisica solare, del mezzo interplanetario e dei raggi cosmici e collabora all'esperimento MACRO presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN. Si occupa della rivelazione della componente ultramolle dei raggi cosmici e di radioattività ambientale nell'ambito del Progetto Nazionale delle Ricerche in Antartide.

 


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