(La Rinascita della Sinistra, 30 Giugno 2000)
Sette righe nell'ultima enciclopedia sovietica per ricordare che il 30 giugno 1908, nella Siberia dell'est - nella zona del bacino del fiume Tunguska - accadde "qualcosa". Un "colpo" tremendo si abbatté sulla regione distruggendo duemila chilometri quadrati di taiga, ma: "Non furono trovati spezzoni di meteorite". E così - almeno a livello di quella pubblicazione ufficiale, considerata nell' Unione Sovietica una sorta di Bibbia - la pagina della Tungusskij meteorit veniva chiusa. Ma il Paese, fortunatamente, non era disposto ad accontentarsi delle poche parole dettate da una burocrazia che vedeva solo cose terrene, palpabili e che, comunque, voleva descriverle a seconda delle sue esigenze. E in questo caso alimentare l'interesse - pur se scientifico - attorno ad un mistero voleva dire fare della Siberia una terra dalla quale stare lontani. Tutto invece era teso a farne area di nuovi insediamenti. Un correre al Nord, nella taiga, nelle regioni più lontane dalla vita normale con un rinnovato pionierismo. Un ripetere quella epopea che portò alla realizzazione della ferrovia Transiberiana e delle grandi dighe e che doveva, quindi, sfociare nella costruzione di un nuovo corso dei fiumi. Il mistero della Tungusskij meteorit, invece, poteva frenare le spinte programmate da Mosca. E così tutta la questione doveva restare, e restò, nell'ambito ristretto delle iniziative dell'Accademia delle scienze. Con qualche appendice di taglio giornalistico su riviste che facevano della scienza una fantascienza popolare. Esce ora, invece, un libro che non solo offre grandi spiragli di verità - a livello scientifico - sui fatti di quel giugno del 1908, ma contribuisce validamente a riproporre l'intera "questione" e a chiedere, di conseguenza, uno sviluppo di indagini. L'opera, si intitola "Tunguska" (pagine 245, lire 28.000, Rizzoli editore) ed è scritta dalla giornalista Nanni Riccobono che conosciamo come cofondatrice di quella pagina che l'Unità dedicava alle scienze. Il lavoro che ora ci presenta assume un valore che va ben oltre la rievocazione e la ricostruzione di fatti lontani. Il libro corre su più binari. E' un thriller che ci mette in guardia su eventuali impatti di asteroidi. E' un saggio che pone in fila i misteri rinchiusi in quel bacino siberiano. E' un pezzo di buona letteratura che è anche una chiave di lettura per capire (e comprendere) certi aspetti di una Russia-sovietica che non c'è più. Comunque sia è un libro che avvince perché fornisce chiavi di interpretazione e scorre via come un X-file senza buchi neri e trame pseudo-filosofiche. L'autrice di questa indagine ci presenta la complessa vicenda della Tunguska con il taglio dell'avventura. Appunto: un reportage dove si sentono i rumori della taiga e dove si colgono i grandi silenzi di quella foresta di pietra dove avvenne l'impatto che si vorrebbe incasellare nell'archivio dei misteri. Comunque sia le incognite sono tante e tutte da prendere in esame. Tanto è vero che gli stessi russi di oggi continuano a scrivere le ipotesi più varie e molte sono le pubblicazioni di chi ritiene di aver qualcosa da dire. Nanni Riccobono ci riporta, invece, all'indagine reale. Intanto ci offre il chi-come-dove-quando-perchè di quella regione disabitata della Tunguska. Qui, appunto, un corpo cosmico del diametro compreso tra i sessanta e i cento metri esplose con la potenza di mille bombe atomiche, a otto chilometri dal suolo. La spaventosa deflagrazione sradicò gli alberi e il vento micidiale che si abbatté sulla zona bruciò duemila chilometri quadrati di taiga e carbonizzò migliaia di renne, alci, orsi...E in quei momenti in una vastissima parte del territorio russo - dalla Siberia al Caucaso - si segnalarono tramonti di straordinaria intensità cromatica. In pratica: un evento. E su questa vicenda si sono scatenate le ipotesi. Sino a giungere - e qui sta la rivelazione che riguarda un forte impegno scientifico - all'arrivo in Siberia di missioni italiane impegnate nell'analisi dei fatti, nella ricostruzione degli eventi, nella raccolta e nello studio dei reperti di quella vicenda del 1908. Il libro ripercorre le tappe del post Tungusskij meteorit, storie in gran parte inedite; se non, addirittura, sconosciute... A partire da quelle che si riferiscono al geologo russo, Leonid Kulik, al quale per primo si deve l'ipotesi relativa al fatto che sulla Siberia si fosse schiantato un grosso meteorite. Eppure, nonostante gli sforzi non si riuscì a trovare né il cratere dell'impatto né un frammento del corpo celeste. Da allora, al mistero relativo al meteorite, se ne sono aggiunti altri, scientifici o fantascientifici. Si è detto, di volta in volta, che a provocare l'esplosione sarebbero stati una cometa, un'astronave extraterrestre (e per l'immaginario popolare dei russi il tema degli Nlo - neopoznnye letajuscie obyekty - cioè gli Ufo, è da sempre una palestra senza fine), un minuscolo buco nero, un frammento di antimateria. Ed ecco su questo scenario la comparsa degli italiani, veri Marco Polo del futuro che affrontano la taiga, i suoi problemi e che, cosa non facile, vincono le barriere costruite da un potere che vedeva solo Mosca base di incontro, Il resto top secret o terra incognita. Per scoprire la verità, nel luglio 1999, una spedizione italiana, guidata dal professor Giuseppe Longo dell'Università di Bologna, torna dopo un primo sondaggio nel 1991 in quella regione. Per svelare l'enigma e dimostrare definitivamente che si è trattato davvero di un asteroide esploso al contatto con l'atmosfera terrestre? Domande inquietanti. E comunque molte le risposte che pongono però nuovi e forti interrogativi. Che sollecitano approfondimenti di indagini. L'X-file siberiano è sempre aperto. E Nanni Riccobono, con la pazienza della ricercatrice che non si ferma mai, apre in continuazione nuove nicchie, individua nuove frontiere. E accanto alla cronaca delle missioni italiane e alla descrizione dei personaggi che le compongono, unisce sempre il "mistero" della scienza. Thriller, appunto, che avvince e convince anche chi è già stato sul posto. In quelle regioni popolate dagli evenchi, nei villaggi di Erbogacion, tra i cacciatori di renne e di orsi. Nel silenzio di quelle lande dove certi miraggi fantascientifici e fantapolitici volevano che si costruissero città avveniristiche. Ma la Tunguska non è la Norilsk degli anni '20. Manodopera a buon mercato non è più merce facile. E quelle zanzare - che bloccano anche i più forti lavoratori siberiani - sono ancora in agguato, tanto da essere paragonate a veri extraterrestri della Tunguska. Micidiali d'estate. Introvabili d'inverno, ma allora la Tunguska è un mare di neve e ghiaccio. Infine un piccolo ed estremamente interessante particolare. Quel Longo del quale narra le gesta siberiane l'autrice dell'opera, è il figlio di Luigi Longo e di Teresa Noce. Nato a Parigi nel 1929 è vissuto in Francia fino al periodo iniziale dell'occupazione durante la seconda guerra mondiale. Poi, col fratello diciassettenne, attraversa l'Europa e si trasferisce nell'Urss. Vede l'Italia solo nel '45 a guerra finita. Torna a Mosca per studiare fisica. Lavora a Dubna con Bruno Pontecorvo. Rientra in Italia nel 1963. Professionalmente - ci ricorda l'autrice del libro - con la Tunguska non c'entra proprio niente. Conosceva di quella vicenda quando era ragazzino. Ora ne è il massimo esperto. Non crede agli X-file. Forse, come il padre, è fatto di quella "scorza dura" che è appunto il vero mistero, quello della vita.